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Specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica
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Ricostruzione del seno dopo un tumore: tutte le tecniche

Testo dell'Intervista al Dott. Daniele Fasano pubblicata su La Repubblica del 20 febbraio 2019

 

Oggi l'intervento di oncoplastica è considerato parte della cura del tumore. Capiamo quali sono le principali tecniche in uso insieme a Daniele Fasano, chirurgo e Presidente della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica

 

La ricostruzione del seno dopo un tumore è oggi un passaggio fondamentale della cura, se la donna la desidera. Le tecniche usate nella chirurgia oncoplastica sono diverse e va subito detto che la scelta di quale utilizzare dipende dal tipo di intervento oncologico subito, dalla costituzione fisica della donna stessa e se quest'ultima preferisca aspettare prima della ricostruzione (o debba attendere il termine della terapia medica). Capiamo le varie possibilità insieme a Daniele Fasano, chirurgo e presidente della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica (Sicpre).

 

DOPO UN INTERVENTO CONSERVATIVO

 

Agli interventi oncologici in cui non è necessario asportare completamente la mammella ma è sufficiente rimuovere un solo quadrante del seno (quadrantectomia), segue di solito un intervento di rimodellamento. Con tecniche mutuate dalle mastoplastiche additive o riduttive, si fanno piccoli interventi ai seni per mantenerne la simmetria. Per esempio, capita che venga sollevato il seno controlaterale sano (mastopessi).

 

DOPO LA MASTECTOMIA TRADIZIONALE

 

La ricostruzione dopo la mastectomia può essere essenzialmente di due tipi: con protesi in gel di silicone o con tessuti della paziente stessa (autologhi).

 

Con protesi, immediata e semi-differita

 

L'inserimento della protesi può avvenire nell'immediato, durante l'intervento stesso di asportazione del tumore, se il seno della donna non è particolarmente grande e le condizioni cliniche lo permettono. Diversamente, può avvenire in semi-differita: viene, cioè, inserito prima un espansore, che è una protesi temporanea inserita al momento dell'intervento al di sotto del muscolo pettorale, che ha la funzione di creare spazio per la seguente protesi definitiva. Trascorsi 20 giorni dall'operazione l'espansore viene pian piano gonfiato mediante una piccola valvola: un aggiustamento fatto ambulatorialmente e ripetuto nei tre mesi successivi. Dopo sei mesi dalla prima operazione avviene il secondo intervento per inserire la protesi definitiva nello spazio creato dall'espansore.

 

Ricostruzione differita

 

Può capitare, per scelta della donna stessa o per via del percorso terapeutico, che la fase di ricostruzione del seno avvenga diverso tempo dopo l'intervento primario, anche anni. In questo caso, se si opta per la protesi, questa viene inserita o sul piano retro muscolare o nel sottocutaneo, e poi ricoperta con strati di materiale biologico prodotto a livello industriale di origine animale.

 

Ricostruzione con tessuti autologhi

 

La ricostruzione che non fa uso di protesi è quella con il trapianto di tessuti autologhi (anche in questo caso viene fatta a distanza di tempo dall'intervento oncologico). Si utilizza un lembo di tessuto della donna, prelevato solitamente dalla parte bassa dell'addome (tra l'ombelico e il pube). Il vantaggio è che, essendo un tessuto vascolarizzato (prelevato con arterie e vene), viene di fatto ri-vascolarizzato facendo coincidere i suoi vasi con quelli dell'ascella o della zona mammaria: il risultato finale è molto naturale, simile al tessuto mammario originale asportato con la mastectomia. Gli svantaggi o gli impedimenti però sono diversi. Innanzitutto la donna deve avere una costituzione fisica che permetta questa operazione: non bisogna essere troppo magre e deve esserci dell'eccesso di grasso e pelle. Non si può effettuare, però, neanche se si è troppo sovrappeso, per un aumento dei fattori di rischio. Inoltre, è un intervento lungo e delicato: può durare dalle cinque fino alle otto ore, e la riabilitazione è più impegnativa di quella che segue l'intervento oncologico. In Italia, per tutte queste ragioni, è un'operazione attuata raramente (come anche altrove: negli Stati Uniti si fa nel 10% dei casi).

 

MASTECTOMIA NIPPLE SPARING

 

Con la mastectomia tradizionale, nella maggioranza dei casi la cute con l'aureola e il capezzolo vengono rimossi insieme alla ghiandola mammaria. In alcuni casi, invece, quando il complesso areola-capezzolo non è intaccato, è possibile ricorrere alla mastectomia sottocutanea (nipple sparing), in cui viene rimossa solo la ghiandola mammaria.

 

LIPOFILLING

 

Anche il lipofilling, il trapianto di grasso autologo, conferisce un aspetto naturale al seno ricostruito. Ma questa tecnica, che utilizza il grasso prelevato dalla donna stessa mediante liposuzione, viene utilizzata molto raramente come metodica unica: per la ricostruzione totale è necessario ripetere l'intervento per quattro-cinque volte, ciascuno a distanza di tre-quattro mesi; quindi copre, nel complesso, un arco di tempo di almeno un anno e mezzo, durante il quale la paziente dev'essere monitorata costantemente. È molto più comune, invece, utilizzare il lipofilling come metodica complementare, nelle cosiddette ricostruzioni ibride dopo l'inserimento della protesi, per dare un effetto più naturale al seno.